da "La festa del Santissimo Crocifisso di Monreale" di Nicola Giacopelli
- La Festa (di Giuseppe Pitrè)
Il dì 3 maggio del 1898
dunque, nelle prime ore del pomeriggio, io mi recai a Monreale.
Era il terzo giorno della
festa e si parlava di con vantaggio e con calore delle corse dei
primi due giorni. Il palio era stato vinto da cavalli paesani. Un
bardaloro poi era corso leggiero come una piuma, veloce come il vento
e s'era lasciati addietro di non so quanti passi tutti gli altri.
La banda paesana aveva
dato prova di grande abilità con certi pezzi bene studiati e meglio
eseguiti, e quando quella di P. Don Giovanni, una banda istituita e
diretta da un sacerdote della borgata di Malaspina in Palermo, fece
la sua entrata chiassosa e le sue prove qua e là per le strade,
nessuno ne rimase impressionato, perché, a buoni conti, la musica
cittadina non resta addietro ad altre, anche di una certa
riputazione.
Non si parla dei
tamburini, che aveano sonato a perdibraccia, non della illuminazione
alla veneziana, che era pittoresca, né tampoco del Vespro della sera
precedente e del panegirico della mattina, che era stato un vero
capolavoro. I vecchi non ricordano discorso più dotto da oltre
vent'anni e le donnicciuole, che aveano sempre guardato un po' il
predicatore, in po' le persone più sapute della chiesa, n'erano
uscite ripetendo:”Chi beddu diri! Chi gran panagiricu!” ma non
sapevano ridir nulla...
Si attendeva la parte
migliore del festino, la processione, per la quale a migliaia i
palermitani, più che nei due giorni precedenti, vi si recavano su
tramways , su carrozze, su carrette, su sciarabbà ed anche, come si
suol dire volgarmente, a cavallo ai calzoni. Nell'attesa, i
caffettieri si davano un gran da fare attorno ai pozzi preparando
sorbetti e granite, i dolciari, a mettere in mostra i loro biscotti a
forma di S con ghirigori bianchi di zucchero, tanto ricercati a
Palermo; gli stigghiulara, ad arrostire i loro manicaretti, ai quali
più che la voce loro fa grande réclame il denso nugolo di fumo che
si solleva dai loro fornelli; i pagliacci, a ripetere i loro
dinoccolamenti uniformi, i loro motti stereotipati, le loro eterne
sconciature; i caramellai ad intascare i soldarelli dei fanciulli che
tentano di vincerne qualcuno a la badduzza, specie di dado; alla
strummulicchia, trottolino con sei numeri su sei faccette; al
firrialoru, roulette primitiva.
La piazza della
cattedrale, di quella cattedrale che, secondo un antico adagio,
nessun forestiero che vada a Palermo può esimersi dall'andar a
visitare se non vuole guadagnarsi la patente di asino, era tutta di
gente, tra la quale passavano silenziosi i devoti (...)
2. “Uomini del re
Salvati
dalla peste” di Pino Giacopelli
Il primo documento che ci
parla dell'immagine del Crocifisso della Collegiata, soffuso d'una
luce immateriale e carico di struggente pietà, è l'atto del notaio
Pietro Vienna nel 24 maggio 1575, mentre nulla sappiamo né della sua
provenienza, né dell'autore.
Solo recentemente, in
occasione di un delicato intervento di restauro, il prof. Angelo
Cristaudo ha formulato l'ipotesi che possa attribuirsi ad Antonello
Gagini, autore di un Crocifisso gemello, realizzato nel 1534 e
custodito nella chiesa madre di Assoro, in provincia di Enna (...)
A commissionare il
Crocifisso dovette essere la Confraternita del Santissimo Salvatore,
già esistente nel 1520.
I due Crocifissi, quello
di Assoro e quello di Monreale, risultano realizzati entrambi con lo
stesso materiale del tempo, composto da un impasto, detto “mistura”,
contenuto fra due teli (incamottatura). Nel telo steso veniva
applicato il gesso e dipinto ad olio: eguali l'inclinazione del capo,
la conformazione della barba e dei capelli, lo stile della corona a
chiodi, l'anatomia del corpo, l'apertura del costato, la posizione
dei piedi, l'espressione del volto, diversa è soltanto quella degli
occhi e quindi la fisionomia.
Ma il popolo dei fedeli
continua a dar voce ai prodigi ed alle leggende che la fede nel
Crocifisso ha suscitato nel cuore della gente. La tradizione non
abbandona neppure i Monrealesi della diaspora, non lascia indenni le
nuove generazioni, non cancella gli elementi semantici, non
trasfigura quelli semiologici (…)
Il 30 aprile del 1625 la
Deputazione della Santità, riunita sotto la presidenza
dell'Arcivescovo Girolamo Venero, delibera che “per ogni strada
si faccia foco e luminarie, in honore del Santissimo Crocifisso,
incominciando da questa sera per tre sere continue (...)”
E'
l'anno di nascita della festa del Crocifisso che , da allora, si
celebra solennemente nei primi tre giorni del mese di maggio, proprio
per onorare e ringraziare il protettore della città (...)
(Foto Archivio Storico Comunale "Giuseppe Schirò")
la storica corsa dei cavalli - foto 1.2.3.4.5
Inaugurazione del del Filobus - 11 febbraio 1990
Giornata della frutta